All’indomani della presentazione del piano industriale della proprietà Api e soprattutto delle prime mobilitazioni dei lavoratori contro i tagli al personale (circa del 30% dell’intera forza lavoro) e alla manutenzione e sicurezza dello stabilimento (circa 4 milioni di euro in meno rispetto al passato), avvertiamo la necessità di esprimere la nostra solidarietà alla protesta.
Di seguito alcuni stralci del comunicato (scarica il comunicato completo):
I ragazzi e i precari del Centro sociale Kontatto di Falconara, e della rete dei csa e delle Comunità Resistenti delle Marche, esprimono la loro piena vicinanza e solidarietà alla vertenza intrapresa dai lavoratori dell’API contro il piano industriale della proprietà del petrolchimico che, in nome dell’intangibilità dei profitti imprenditoriali e finanziari, intende addossare le responsabilità di anni di scelte scellerate e senza futuro sulla pelle dei lavoratori, dei cittadini, del territorio.
…Oggi ascoltiamo con rispetto la voce di speranza e di rabbia dei lavoratori della più grande industria del territorio.
E la comprendiamo bene, perchè ci parla del diritto al lavoro, al reddito, al futuro, tutte cose che noi come le nuove generazioni da qui a venire non sperimenteranno a patto che non iniziamo a svegliarci e a lottare per i propri diritti come per quelli di tutti.
Perchè è la stessa voce gridata dai lavoratori dell’INSSE sulle gru, o dai tanti anonimi dipendenti che protestano occupando i tetti delle fabbriche in tutto il Paese, o degli insegnanti delle scuole e delle università con venti anni di servizio alle spalle ma comunque precari o disoccupati a 0 euro, degli impiegati nei servizi, negli ospedali, nei trasporti che vengono dipinti come "fannulloni" e pagano per le clientele e la rapacità della la mafia della malapolitca e della corruzione, di tutti gli uomini e le donne vere che difendono i propri diritti senza andare in televisione e che quindi è come se non esistessero.
Siamo dalla vostra parte come lo siamo da tempo con i lavoratori della Merloni di Fabriano, o del distretto jesino, o dei precari della formazione e della scuola…
La comprendiamo benissimo perchè già da tempo diciamo ai responsabili di questo inedito e pericoloso arretramento generalizzato delle condizioni di lavoro, di vita, di civiltà, che "noi la (loro) crisi non la paghiamo". La crisi causata dalle banche, dalla finanza internazionale, dalle guerre e dai terrorismi globali, dalle caste intoccabili della politica e dell’economia, non la pagherà chi lavora e produce, ieri come oggi, rinunciando ai propri diritti per salvare i conti all’estero, le azioni in borsa, le ville esotiche e i privilegi dei leaders globali e locali.
La comprendiamo perchè noi siamo i "cattivi" ragazzi dei centri sociali, i figli dei lavoratori e i nuovi precari.